RICONOSCERE PER CONOSCERSI

La convivenza uomo-animale si è modificata nel corso della storia della razza umana, da un primitivo rapporto di competizione del tipo preda-predatore o di semplice osservazione dello stato selvatico di altri esseri viventi, ad un avvicinamento che per alcune specie è diventato quel processo che chiamiamo “domesticazione”.

La parola viene dal latino “domus”= “casa”, e sta a significare l'azione concorrente di chi ti fa entrare in casa e di chi decide di entrare; noi umani, con la nostra visione antropocentrica, abbiamo assunto che la casa fosse la nostra, e che qualcun altro diverso da noi piano piano si fosse avvicinato e avesse iniziato a interagire in maniera diversa dalla vecchia modalità “fuga o attacco”.

La prima forma di avvicinamento dell'animale all'uomo si può dire che sia stato il “commensalismo”, cioè quando animali selvatici cominciarono a sfruttare le risorse derivanti dai rifiuti di cibo degli esseri umani.

Per la maggior parte delle specie animali il processo di avvicinamento all'umano si è fermato qui, ma per altre il discorso è andato molto avanti, fino ad arrivare per alcune specie ad un intervento attivo e consapevole da parte dell'uomo sul controllo del processo della loro evoluzione, quel fenomeno che va sotto il nome di “selezione artificiale”.

Che tutto il processo abbia un innesco di tipo utilitaristico da entrambe le parti non c'è dubbio, e se valutiamo il successo di queste partnership dal punto di vista della sopravvivenza e del proseguimento della specie è molto evidente: nessuna specie addomesticata si è estinta o corre dei pericoli attuali di estinzione, mentre di tantissime specie selvatiche si sono ormai perse le tracce e la memoria da secoli, ed altre sono seriamente minacciate dall'intervento squilibrato che come razza umana attuiamo sempre più sui territori che abitiamo o sul mondo selvatico di cui andiamo a sfruttare le risorse.

Dall'altra parte anche la storia del genere umano sarebbe stata molto diversa senza la presenza di animali addomesticati, e sicuramente più difficile il passaggio da un livello di mera sopravvivenza ad una vita più agiata e ricca di innovazioni che portassero abbondanza e possibilità di crescita e sviluppo.

Ma c'è un discorso altro, rispetto alle considerazioni della biologia evoluzionista, che a volte mi spinge a pormi delle domande riguardo al processo della domesticazione. Perché il gatto selvatico e non l'ocelot, perché il lupo e non la iena o il coyote, perché il cavallo e non la gazzella o la zebra?

Nell'avvicinamento di questi anima-li alla specie umana forse c'è un progetto che riguarda entrambi ma che ancora non abbiamo molto chiaro, o forse si sta lentamente rivelando davanti alla nostra coscienza di uomini e donne che hanno a che fare con un animale come loro amico e compagno di viaggio per un tratto della loro vita.

Le culture sciamaniche vedono gli animali come portatori di “doni” per noi umani, ciascuno fornito di qualità che, entrando in risonanza con la coscienza umana, ne risvegliano un potenziale sopito permettendone un'espansione e una maggiore espressione di sé.

Gli animali che hanno superato la soglia delle nostre case, che si sono sdraiati sul nostro tappeto o hanno preso un posticino sui nostri divani, che hanno imparato a leggere le nostre intenzioni e ci accompagnano ad esplorare l'ambiente esterno aiutandoci a conoscerlo meglio o in modo diverso, che raccolgono i nostri stimoli a giocare e li portano su terreni non ancora percorsi, tutti quegli animali che hanno imparato sempre più profondamente ad entrare in empatia con una specie tanto diversa dalla loro come è quella umana, ci donano anche un grande insegnamento, fornendoci di uno specchio quotidiano naturale e spietato per i nostri atteggiamenti, un po' come fanno i bambini, ma da un punto di partenza ancora più istintivo, oltre che “trans-specifico”.

Per chi convive con un essere non umano casalingo, diventa sempre più difficile non notare questo fatto: quell'essere a quattro zampe che ci scodinzola o ci fa le fusa, che ci viene a cercare oltre la necessità e per puro desiderio di condivisione, in qualche modo sta finendo per rappresentare anche una parte del nostro mondo interiore, o mimando le nostre modalità di relazionarci, o mettendoci alla prova schiacciando (inconsapevolmente?) dei bottoni per noi molto sensibili.

E tutto ciò lo fa con le sue emozioni, che incredibilmente sono diventate leggibili come e a volte più delle nostre, come se si fosse sdoppiato in un essere madrelingua quando vuol comunicare con altri esseri della sua specie, e un traduttore poliglotta per i suoi amici umani.

E tutto ciò lo fa anche con il proprio corpo, che si vitalizza o si indebolisce, si rilassa o si contorce, rinvigorisce con l'età o invecchia precocemente, si ammala, muore o non vuole andarsene.

Allora: chi assomiglia a chi? Non è questa domanda che importa, ma percepire, con tutta la chiarezza della nostra mente e cuore aperti, quello che un essere proveniente da uno stato selvatico con occhi furibondi e denti scoperti è venuto a raccontarci, ovviamente di sé ma profondamente anche di noi, ed esprimere gratitudine attraverso il prendersi cura, di se stessi e di quello che abbiamo attorno, animato e inanimato, animale e, al fine, della propria anima.