IL CERVO E LA VOLPE

Un giorno c'era un cervo che si aggirava per i suoi boschi, e sapeva in quei boschi dove trovare i germogli più teneri da mangiare e dove scorreva l'acqua più fresca e cristallina con cui dissetarsi. Erano i suoi boschi, e li conosceva bene.

Ma, mentre percorreva il sentiero sulla montagna, ebbe il desiderio quel giorno, si direbbe l'attrazione, di varcare il crinale ed inoltrarsi nel versante a lui sconosciuto di quella regione.

Giunto sulla sommità si inebriò del profumo dei fiori disseminati sui prati, e salutò il falco che dall'alto vigilava tutta la zona.

Quello che voleva era ora discendere quel versante della montagna e scoprire cosa succedeva tra quei boschi mai visitati.

Salutò querce e faggi, sui quali di tanto in tanto strofinava il suo robusto palco per ripulirlo e farlo più lucente. -Non si sa mai – si diceva – incontrassi una bella cerbiatta!-. Ma nonostante camminasse da varie ore, di cerbiatte in giro non c'era nemmeno l'ombra.

Mentre s'inoltrava nella parte del bosco in cui le piante si facevano più folte e la luce del sole filtrata dalle chiome creava delle spade luminose sul suo cammino, sentì una vocina da dietro un albero che lo salutò: -Ciao – gli disse.

In mezzo a quei riflettori, girò la testa a destra e a sinistra per vedere da chi provenisse quel suono, e alla fine vide una volpe vivace che gli stava andando incontro. -Chi sei tu? - chiese il cervo. -Sono la Volpe e vivo in questo bosco, ma tu chi sei e da dove vieni? -.

-Io sono il Cervo e vengo dall'altro versante della montagna, ma sono capitato da queste parti spinto da una folle curiosità di scoperta -

-La tua curiosità è ben fondata – rispose la volpe – perché in questi luoghi c'è molto da scoprire -. E poi si arrampicò lungo il suo corpo robusto e si accoccolò tra le sue corna come un marinaio sull'albero maestro per scrutare il cammino.

-Andiamo di là – indicò con un dito – per prima cosa ti mostrerò la mia tana -.

Il cervo, per nulla intimorito, anzi gradevolmente sorpreso di questa festosa familiarità, seguì le indicazioni, e dopo un breve tragitto si trovarono all'ingresso della casa della volpe, un buco sotto le radici di un vecchio faggio.

-Seguimi – esclamò la volpe scodinzolando mentre si apprestava ad entrare nella sua tana -.

Il cervo infilò la testa nel buco per entrare ma al resto del corpo gli fu impedito dal suo imponente palco.

-Ehi – esclamò – ma io non posso entrare nella tua casa! -

-Nessuna preoccupazione! - rispose la volpe, e presa da una boccetta una buona quantità di olio di mandorle cominciò a cospargere il corpo del cervo di quel miracoloso unguento.

Ben presto il cervo poté agevolmente entrare nella tana della volpe, e visitarne tutti i cunicoli e scoprire i misteri in essi celati e assaggiarne le prelibatezze in essi contenute. C'era anche una volpacchiotta in un angolo della tana, ben nutrita e piena di vigore, c'era la musica del bosco nei suoi occhi.

Era meravigliosamente caldo in quella tana, un tepore che rilassava le sue membra e allo stesso tempo le faceva vibrare di un nuovo stupore.

Ma una stanza rimase con la porticina chiusa, e qui il cervo non ebbe adito di entrare.

Poi la volpe portò il cervo a zonzo nei suoi boschi, e gli mostrò le meraviglie della natura e gli fece assaporare frutti succulenti di una dolcezza che non aveva mai assaporato. Alla fine della visita il cervo e la volpe si salutarono amorevolmente.

-Se la prossima volta mi vieni a visitare – disse il cervo – ti mostrerò i miei boschi e le sue meraviglie.

E la volpe rispose al suo invito, e dopo una settimana, con la volpacchiotta adagiata sul suo dorso premuroso, attraversò la montagna e giunse nei boschi che il cervo percorreva da tanto tempo.

E la volpe trovò questi boschi confortanti, e scoprì che anche qui c'era un piccolo popolo pronto a festeggiare la sua preziosa presenza, notò che anche qui c'erano radici di alberi che accoglievano tane e facevano crescere funghi e, con suo grande stupore, vide che il cervo non aveva una sua casa, ma la sua dimora erano i boschi, dove scorreva un fiume che giù giù scendeva dalla montagna e poi si perdeva festeggiando con la sua corrente in una enorme pozza d'acqua, così grande come non ne aveva mai viste, e che questa pozza d'acqua immensa dipingeva disegni effimeri su un terreno dove non crescevano né funghi né alberi, ma sul quale a camminarci si scaldavano i piedi, e quel calore saliva su su lungo il corpo e dava sollievo al cuore.

E scoprì che quell'enorme pozza d'acqua si chiamava mare, e mentre s'immergeva in esso con la sua volpacchiotta sentì che quell'acqua era salata, e prese questa benedizione come una purificazione per i loro corpi.

Il cervo e la volpe continuarono a venirsi a trovare a vicenda, e ogni volta era una festa per loro e per quei boschi che godevano della loro fresca presenza, e le querce spalancavano le loro enormi braccia in segno di accoglienza quando li vedevano arrivare insieme.

Avvenne però che un giorno, mentre erano nella tana della volpe, il cervo volle entrare da quella porticina che era sempre rimasta chiusa.

Una volta entrato però l'effetto miracoloso dell'unguento cessò di colpo, e il cervo si trovò con le sue ampie corna incastrato tra le pareti di una stanza buia.

Dallo spavento cercò di divincolarsi, e uscì a ritroso strusciando e grattando il suo povero palco alle pareti di quel cunicolo.

-Accidenti però! Com'è dura questa terra!-

Alla fine riuscì a venirne fuori, ma aveva le corna sanguinanti per l'attrito subito nel tentativo di uscire.

La volpe si accorse di questo, e seguendo il sentiero creato dalle gocce di sangue giunse all'interno della stanza buia, accese una candela e vide le pareti di quella stanza orribilmente deturpate dai graffi che avevano lasciato le corna del cervo.

Mentre il cervo si stava medicando le corna ferite, la volpe chiuse la porticina di quella stanza, e decise che era meglio che il cervo non entrasse più nella sua tana; poteva essere un rischio per il suo rifugio!

Da allora continuavano a vedersi di tanto in tanto, ma senza il tepore e l'accoglienza di quei meandri, nemmeno il profumo del bosco arrivava più alle loro narici, e i colori dei fiori non catturavano più la loro meraviglia, e non si trovavano più elfi e folletti con cui scherzare e giocare insieme.

Poi venne l'inverno, col freddo e la neve, che cristallizzò tutto in un gesto incompiuto, e i boschi si fecero silenziosi, e i loro sguardi muti.

Passò una stagione, e poi venne primavera.

Tempo di arieggiare i locali. Così la volpe andò ad aprire la porticina di quella stanza

rimasta chiusa per tutto l'inverno.

Alla vista dei graffi su quelle pareti si rammentò del cervo, che ormai non vedeva più da un po' di tempo, e mentre era assorta nei suoi ricordi un raggio di sole che entrò nella stanza, colpendo una parete graffiata emise una scintilla dorata, e poi un'altra, e poi un'altra ancora!

Si avvicinò alla parete e...si!..adesso poteva vedere: quello che brillava al tocco del sole, e che affiorava sotto i sentieri lasciati dalle corna del cervo, era oro, un oro così brillante come non aveva mai visto!

Provò a scavare e a grattare ancora di più quelle pareti, ma dopo alcune ore di fatica era riuscita a portare alla luce solo qualche piccolo brandello in più del prezioso metallo.

-Qui ci vuole l'aiuto del cervo! - pensò.

La volpacchiotta accolse con calde leccate l'arrivo del cervo, lieta di rivederlo, e lui si mise all'opera e, insieme alla volpe, con ardore e pazienza, nel giro di qualche giorno portarono alla luce una magnifica stanza di pareti d'oro, così lucente che attraverso di esse potevano rispecchiare la propria bellezza, e ammirare reciprocamente la bellezza dell'altro.

Quella divenne la loro reggia, salda e splendente, e il bosco la fresca eco dei loro richiami amorosi, e la risacca del mare la culla della volpacchiotta che crebbe levigata dal vento del loro amore.