Quando a volte nello svolgimento della mia professione mi sento fare la domanda: “Preferisce il cane o il gatto?” quello che penso è che la domanda sia mal posta.
Il cane e il gatto hanno scelto nella loro storia evolutiva di avere un rapporto con la specie umana molto più contiguo e di reciproco interesse di qualsiasi altra specie animale.
Poco importa che la domesticazione sia avvenuta in tempi diversi per le due specie, comunque questa relazione ormai plurimillenaria ha probabilmente impresso nell’“animo” umano delle caratteristiche che altrimenti non ci sarebbero state, così come la vicinanza e la frequentazione dell’umano ha modulato e trasformato degli istinti in queste specie come mai prima né poi è avvenuto in altre del regno animale.
Quello che ho notato negli anni di professione è che questi piccoli grandi animali sono oggi come delle spugne, poiché assorbono l’energia dell’ambiente in cui vivono e spesso si accollano i disagi di chi li custodisce, manifestandoli in disturbi comportamentali o vere e proprie espressioni psicosomatiche, dove il loro corpo ci parla anche di altro che non sia se stesso.
“Se non ti vuoi ammalare prendi un cane”, dicevano gli sciamani del Messico.
A volte diamo per scontata questa nostra relazione privilegiata con il cane e il gatto, senza renderci veramente conto della trasformazione che deve essere avvenuta nel loro progetto di vita animale per poter tollerare prima, accettare e benvolere poi la vicinanza con colui che potenzialmente sarebbe il loro più temibile nemico.
Con il dovuto riconoscimento che ogni individuo è unico, sia umano che canino o felino, quello che il cane e il gatto rappresentano nella loro essenza sono due tipologie caratteriali distinte, che secondo me rispecchiano due differenti attitudini comportamentali e di approccio alla vita di noi esseri umani.
Il cane è quello che esce fuori di sé e va a chiedere nel mondo, ha anche una buona tenacia nell’insistere sulle proprie richieste, manifesta palesemente i propri stati d’animo nel momento che li vive, sa leccarsi le ferite e non si nasconde mentre lo fa, il cane ha bisogno sempre di compagnia, raramente apprezza di stare da solo.
Il gatto di solito è più discreto nel chiedere, è più imperscrutabile rispetto ai suoi stati d’animo, se sta male si apparta e si acciambella su se stesso, sta molto volentieri da solo o ama una compagnia discreta e poco invadente.
Il cane quando cammina ticchetta con le unghie dei piedi sull’asfalto o su un qualsiasi terreno duro, il passo del gatto è inudibile e ci appare all’improvviso senza segnali anticipatori.
La presenza del cane nelle nostre vicinanze si rivela già con la sua respirazione, modulata in intensità in proporzione al suo grado di eccitazione; il gatto spesso sta acciambellato ad un passo da noi mentre lo stiamo cercando e quando finalmente lo scoviamo ci guarda con fare disinvolto e sbadiglia svogliatamente mentre si stira.
Potremmo parlare per il cane di un quadro comportamentale tendenzialmente estroverso, mentre il comportamento del gatto è molto più incline all’introverso.
È per questo che noi esseri umani sentiamo più affinità per l’uno o l’altro, perché ci fa da specchio al nostro modo di essere e di vivere la vita; perché, anche se nel nostro libero arbitrio abbiamo tutta una vasta gamma di scelte, alla fine, sia per predisposizione che per apprendimento dall’ambiente in cui siamo cresciuti, ci sentiamo più comodi in alcune modalità comportamentali e abbiamo maggiormente assopito altre modalità.
La nostra predilezione cadrà spesso per colui (cane o gatto) che condivide maggiormente il nostro atteggiamento di fronte alle cose del mondo, e magari troveremo una leggera avversione verso colui che ha atteggiamenti lontani dai nostri, perché spesso sono comportamenti che teniamo repressi dentro di noi e non ci permettiamo di vivere.
Così la domanda iniziale, per essere corretta, secondo me dovrebbe essere: “Ti senti più simile al cane o al gatto?”.
E questo non dovrebbe essere motivo di scelta o di scarto, ma di riflessione per acquisire una maggiore conoscenza di noi stessi e di stimolo per iniziare a sperimentare le nostre parti inespresse e scoprirci anche “altro” da quello che pensavamo di essere.
I nativi Americani associano a noi esseri umani, a seconda di quale periodo dell’anno siamo nati, un animale Totem di nascita.
Per i nativi Americani ogni animale porta un dono, una “medicina”, che sono delle qualità che noi umani possiamo fare nostre per poter camminare in equilibrio ed armonia sulla Terra, portando bellezza a noi stessi, alla vita e agli altri.
L’animale Totem di nascita è l’espressione delle più alte potenzialità di chi veramente noi siamo, e ci può dare indicazioni sui principali “temi” con cui ci confronteremo nella nostra vita.
L’animale Totem di nascita è lì pronto ad aiutarci a tirar fuori il nostro sé naturale e ad esprimere la parte più autentica di noi stessi.
Di seguito verranno date indicazioni che derivano dagli insegnamenti dei nativi Americani, ma già può essere utile e interessante andare a vedere le caratteristiche etologiche e comportamentali del proprio animale Totem, per farci un’idea del potenziale dono che abbiamo a disposizione come diritto di nascita.
Piccolo risvegliatore della conoscenza inconscia e creatore di Bellezza, il Picchio sa come tenere la giusta attitudine e l’approccio adeguato per tenere alti i propri concetti del sé, vale a dire ci insegna a come aumentare la nostra autoaccettazione, autovalore e automerito per raggiungere l’autoamore.
Se riusciremo ad innalzare tutto questo anche i nostri punti di vista del mondo cambieranno.
Il picchio conosce la connessione al mondo degli Antenati e l’allineamento con l’equilibrio ecologico.
Conosce la medicina guaritrice di tutti gli alberi.
Aiuta a ricordare piccole cose che hai dimenticato.
I nativi Americani associano a noi esseri umani, a seconda di quale periodo dell’anno siamo nati, un animale Totem di nascita.
Per i nativi Americani ogni animale porta un dono, una “medicina”, che sono delle qualità che noi umani possiamo fare nostre per poter camminare in equilibrio ed armonia sulla Terra, portando bellezza a noi stessi, alla vita e agli altri.
L’animale Totem di nascita è l’espressione delle più alte potenzialità di chi veramente noi siamo, e ci può dare indicazioni sui principali “temi” con cui ci confronteremo nella nostra vita.
L’animale Totem di nascita è lì pronto ad aiutarci a tirar fuori il nostro sé naturale e ad esprimere la parte più autentica di noi stessi.
Di seguito verranno date indicazioni che derivano dagli insegnamenti dei nativi Americani, ma già può essere utile e interessante andare a vedere le caratteristiche etologiche e comportamentali del proprio animale Totem, per farci un’idea del potenziale dono che abbiamo a disposizione come diritto di nascita.
21 Maggio – 20 Giugno: CERVO
Chi ha il Cervo come animale Totem di nascita sarà molto confrontato nella vita con tutto quello che mette alla prova i propri concetti del sé, di autoaccettazione, autovalore, automerito e autoamore.
Dall’attitudine e approccio che riuscirà a tenere nelle esperienze della vita dipenderà la misura dei concetti di se stesso, e questi saranno un riflesso della visione che avrà del mondo.
Come vivrà il Cervo tutto questo?
Custode dell’alchimia e insegnante della rapidità, custode della delicatezza e insegnante della bellezza, e che la dolcezza=forza, il Cervo conosce la terra e i suoi poteri di entrare dentro di sé, e con le sue antenne è ricettivo e aperto ai segnali che arrivano dall’universo.
I nostri animali domestici stanno diventando sempre più compagni nelle nostre vite, e quando qualcuno di loro arriva alla fine della propria e ci lascia, quello che avviene per noi è un vero e proprio lutto.
Con la morte del nostro cane, o del nostro gatto o animale domestico preferito, andiamo incontro ad una perdita di affetti e ci viene a mancare una vera e propria relazione.
Proprio perché è stato così forte il rapporto durante la vita, al momento della morte del nostro animale possiamo caricarci di contenuti emotivi “negativi” che ci portiamo avanti per un periodo di tempo più o meno lungo.
Bisogna sapere che gli animali tendono a comunicare all’interno di ciò che è invisibile, e di solito quando decidono di andarsene è un atto compiuto con “intento”, lo fanno quando sanno che potranno aiutarci dall’altro lato più di quanto possano da questo.
Così, come è bene prendersi cura del nostro amico quando è in vita, sia quando è in salute che quando è malato, dovrebbe essere altrettanto naturale accettare che se ne stia andando.
Importante in quelle fasi finali è la qualità della nostra presenza, perché gli animali sono allineati con i cicli della vita, e per loro la morte è un passaggio naturale; quindi attenzione a non trasmettergli le nostre ansie e angosce, manteniamo una cura amorevole nei loro riguardi senza le aspettative che ciò possa prolungare la loro esistenza più di quanto sia concesso.
Se l’opzione eutanasia non è evitabile, perché il passaggio dalla vita alla morte del nostro caro sta avvenendo attraverso sofferenze fisiche che nessun farmaco può lenire, al momento di questa scelta è buono guardare negli occhi il nostro animale, ringraziarlo per i doni che ci ha fatto, chiedergli perdono ed esprimere l’apprezzamento che abbiamo riguardo alla sua vita.
Quando invece l’animale muore perché non ce ne siamo presi cura, richiede tanta capacità di autoperdono per elaborare questo lutto.
Per noi e soprattutto per i bambini è molto importante creare un rituale che ci aiuti ad attraversare il lutto.
Spesso per un bambino il primo incontro con la morte è quella di un animale domestico, ma noi, per evitare di farli soffrire, tendiamo a raccontare loro un’altra cosa rispetto alla realtà dei fatti; ma i bambini non sono ignoranti, sentono quello che sta accadendo, e sono molto più forti e adattabili di quanto crediamo; purché siano sostenuti, possono adattarsi alle perdite e cambiamenti della vita, quello che è importante è che possano farlo a modo loro.
Una cosa molto utile per elaborare la perdita di un nostro caro animale quando se ne è andato, soprattutto per rendere partecipi in maniera attiva i bambini e non farli indugiare nella tristezza, è riempire un questionario del tipo:
- La cosa più divertente che …(nome dell’animale).. faceva è….
- Il miglior ricordo di ……….. è…….
- La cosa che mi manca di più di ……….. è ……………..
- La cosa più imbarazzante che …………. ha fatto è ………………….
- La cosa peggiore che …………….. ha fatto è ……………………….
- La cosa preferita che ci piaceva fare insieme è ………………..
- La cosa che non mi mancherà di ………………. è ……………………….
Probabilmente portare la consapevolezza sul fatto che il nostro animale se ne sia andato, rispondere insieme a delle domande tipo quelle sopra citate, creare noi stessi un rituale nella forma che la nostra originalità artistica ci suggerirà, saranno dei momenti di crescita per tutti, e ai bambini non eviterà sicuramente il dolore per la perdita di un loro caro amico, ma non si sentiranno “traditi” dal nostro diniego di una realtà che dentro di loro intuiscono e squalificati per non essere stati considerati abbastanza forti per sopportare la verità. Inoltre elaborare l’accaduto insieme aiuterà a non tenersi il dolore e pensieri negativi dentro se stessi, e a sviluppare dall’altra parte qualità come l’apprezzamento, la gratitudine e il perdono.